Il Sannio beneventano
Il consorzio
del Sannio, nato nel 1999, ultimamente sta cercando di evidenziare al meglio le
espressioni del proprio territorio. Lo sforzo è stato rivolto verso
l’unificazione delle DOC in solo due unità, dove domina un vitigno versatile, la
falanghina. Tutte le altre sono convogliate nelle diciture delle sotto zone,
non per screditare il prodotto ma, per enfatizzare una sorta di cru, dando
la possibilità di menzionare il nome
della vigna in etichetta, cosa che in Italia è regolarizzata a livello
ministeriale. Sempre per continuare verso la strada della qualità, sono state
adottate le fascette di stato, anche sulle bottiglie dei vini DOP.
Circa la
metà di tutte le viti campane sono coltivate nel Sannio, dove spesso le aziende
curano tutta la filiera produttiva, tre grandi cooperative lavorano molto
attivamente sul territorio. Il Sannio è sicuramente meno conosciuto
dell’Irpinia, possedendo comunque quasi tutte le uve autoctone della regione,
pochissimi sono i vigneti internazionali, a dimostrazione dell’attaccamento dei
sanniti alla loro terra e ai prodotti che essa produce. Il Sannio si sviluppa sopra
la città di Benevento, dove spicca la cultura etrusca, la coltivazione ancora
presente della vite maritata è una dimostrazione della storicità di queste
terre. Le montagne lo dividono dal Molise, dove vi sono resti archeologici
delle popolazioni sannite, persone bellicose che hanno cercato di espandersi
verso la Roma imperiale. In queste terre quasi sicuramente è nato il primo vino
ottenuto da uve appassite, scaldate in forni, circa 750 anni prima che i romani
iniziassero la produzione nell’attuale Valpolicella, dove troviamo i più famosi
Amarone e Ripasso. Nel periodo medioevale è stata imposta la coltivazione della
vite anche dentro le mura delle città beneventane, ottenendo la salvaguardia
della vite anche durante le carestie e le invasioni. I sanniti sono sempre
stati anche degli abili commercianti, a Pompei i traffici intorno al vino erano
gestiti esclusivamente da loro e successivamente fu loro il monopolio del
grande porto di Napoli.
I vitigni
coltivati nel Sannio sono l’aglianico e la falanghina oltre alla coda di volpe,
il Taburno è il cuore di questa zona, un massiccio calcareo, emerso dal mare
con depositi fluviali di ghiaie e sabbie, viti d’altura con grandi escursioni
termiche.
Votino Falanghina del Sannio DOP
2013, solo
passaggio in acciaio per questo vino che si presenta di un bel colore giallo,
pulito e cristallino, un naso giovane e fruttato, sentori di agrumi e pera.
Profumi lunghi e fini. In bocca è piacevole e acido. Note saline e sapide,
lunghe nel tempo. Un bellissimo corpo accompagnato e supportato dalla
struttura, sicuramente possiede un grande potenziale d’invecchiamento.
La Guardiense Falanghina del Sannio DOP Janare 2013, non è stata svolta la fermentazione malolattica, buona struttura con un naso nervoso caratterizzato da fiori freschi. In bocca è molto completo e morbido. Un vino vellutato con un alcol e una freschezza eleganti.
Cantine del Taburno Falanghina del Sannio DOP 2013, giallo paglierino limpido. Fine con sentori tenui, ottenuto da solo acciaio. Delicatezza data al naso. In bocca ha un finale leggermente metallico, piacevole e corretto. Un vino poco masticabile, leggermente corto ma, con un alcol ben dosato.
Wartalia Falanghina del Sannio DOP 2013, il nome riportato in etichetta deriva dal simbolo inciso sugli scudi dei soldati sanniti. Nel calice si presenta limpido e cristallino, il colore vira verso il dorato. Un naso molto fruttato con netti sentori di mela e banana. In bocca si completa con la freschezza e la sapidità. Una mineralità data dal territorio.
Muratori Sannio DOP Coda di Volpe 2011, il 30% passa in botti da 25 Hl, il restante 70% esegue affinamento in acciaio. Un colore dorato carico, al naso frutta matura con poca mineralità. In bocca una lieve acidità. Un vino molto diverso rispetto a ciò che si può trovare con questo vitigno in Campania.
Fontanavecchia Aglianico del Taburno
DOP Riserva Vigna Cataratte 2007, un vino che piace molto nei mercati esteri, dalla
vendemmia 2011 sarà DOCG, passa diciotto mesi in barrique nuove e usate.
Tannino, acidità e struttura sono le caratteristiche di questo vitigno. Colore
poco trasparente ottenuto dalla ricchezza degli antociani. Al naso netta la
frutta matura e il rabarbaro, un legno usato con intelligenza che da un
ventaglio di profumi. In bocca un bel tannino accompagnato da ricordi di
tabacco, un finale lungo e sapido.
Cantine Iannella Aglianico del Taburno DOP Riserva Don Nicola 2007, colore rubino che tende al granato, segno dell’evoluzione, vino ottenuto con passaggi in barrique americane per dodici mesi. Netto al naso il legno bagnato, frutta e pepe. In bocca il tannino è abbastanza presente, buona struttura.
Torre a Oriente Aglianico del Taburno DOP Don Curzetto 2006, vino fermentato in acciaio, con un passaggio di diciotto mesi in barrique. Fine al naso, alcol elegante, note di confetto date da un uso oculato del legno. In bocca netta la nota dolce, un tannino ben dosato, un vino di alto livello qualitativo.
Masseria Frattasi Beneventano IGP Aglianico Kapnios 2011, ottenuto da uve appassite, colore limpido con grandissima struttura e consistenza. Al naso nota di gioventù, marmellata e un soffio ancora vinoso. In bocca un concetto di morbidezza, una rotondità che accarezza la gola.
Abbiamo
degustato nove vini diversi tra loro, espressioni del Sannio beneventano,
ottenuti con vitigni in purezza, un ringraziamento va sicuramente al consorzio
che ha voluto fermamente organizzare questa serata a Milano. Guido Invernizzi
ha condotto un’altro evento con maestria, in una sala gremita di appassionati
che sicuramente si sono avvicinati a questi vini con molta voglia di scoprire
dei prodotti autentici.
Ciao
GB
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