Il Barolo e le sue zone - Primo Incontro
Storia – Mito – Territorio
Inizia con qualche minuto di ritardo l’evento di sabato 29 gennaio, nella solita sala del Westin Palace a Milano, il primo di due appuntamenti pomeridiani dedicati al Barolo.
Prende il microfono Mauro Carosso, delegato AIS di Torino, eletto nel 2010 nel Consiglio Nazionale, ricopre la carica di Responsabile Nazionale dei Servizi, oggi parleremo di storia e di tre comuni: Verduno, La Morra e Barolo, degustando sei vini.
Iniziativa lodevole dei produttori quella di regalare il vino per questo evento, in modo che l’interno ricavato vada devoluto per un progetto ad Haiti, dove un Prete, originario delle Langhe, sta operando a favore dei bambini, ovviamente anche l’AIS ha appoggiato la causa, devolvendo interamente l’incasso.
Al fianco di Mauro Carosso abbiamo Roberto Marro, suo collaboratore, giornalista ed editore, collabora con il quotidiano La Stampa di Torino.
Il comune di Barolo ha avuto una parte fondamentale nella storia di questo vino, la Nobile famiglia Falletti, risiedeva nel Castello di Barolo, ma la storia di questo vino inizia molti secoli prima, con la comunità ligure dei Stazielli, che furono sconfitti dalle legioni romane in prossimità di Acqui Terme, zona strategica per il commercio, crocevia di strade e vicina al mare. Alba e Pollenzo furono città fondate dai romani, durante il periodo di Giulio Cesare si inizia a parlare di Nebbiolo. Nel Medio Evo, abbiamo il primo documento nel Castello di Rivoli, vicino a Torino, Negli Statuti di La Morra nel 1512 viene citato il “Nebiolium” e nel 1606 Giovan Battista Croce, gioielliere dei Savoia, scrisse un libro nel quale cita il vino prodotto sulle colline di Torino. Nel 1751 si parla per la prima volta ufficialmente di Barolo, a Londra, grazie ad una spedizione di vino. Thomas Jefferson nel 1787, viene a visitare le zone vitivinicole dell’Italia e della Francia e scrive, in questa occasione, molti appunti, nel risorgimento il Barolo incontra la storia dell’Italia, Camillo Benso di Cavour, che ha creato il Barolo moderno, dopo aver lasciato l’esercito si dedica alle tenute di famiglia a Grinzane, sono circa 205 ettari. Di fianco al Nebbiolo fa piantare 5 ettari di Pinot Nero e chiama Stagliero come enologo, il quale apporterà le fermentazioni in tini chiusi, l’utilizzo dello zolfo e le botti grandi per la maturazione. Questo vino piace e si riesce a commercializzarlo bene. Altro personaggio che ha dato molto al vino è Louis Oudart, francese di Borgogna che commercia vino a Genova, si trasferisce a Barolo per portare le lunghe macerazioni e l’imbottigliamento del vino. Oudart è anche il primo a spumantizzare il Cortese. Juliette Colbert di Maulèvrier, appartenente ad una nobile famiglia francese, sposa Tancredi Falletti e si trasferisce a Torino, Tancredi muore nel 1838 e lei rimane nelle Langhe chiedendo a Camillo Benso di Cavour di prestargli l’enologo Oudart per migliorare i suoi vini. Carlo Alberto, padre del primo Re d’Italia, beve il vino della Marchesa, fattogli arrivare a Torino a bordo di 365 meno 40, che sono i giorni di Quaresima, carri con una botte di Barolo ciascuno. Anche i Savoia iniziano a produrre il Barolo e grazie a Giovanni Vialardi, vice cuoco di corte, a fonderlo con la cucina subalpina e francese, sia nell’accompagnamento che durante le preparazioni delle pietanze.
La zona del Barolo parte da Alba e arriva fino al fiume Tanaro, che divide le Langhe dal Roero, sono undici i comuni destinati alla produzione: Cherasco, La Morra, Verduno, Roddi, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba, Monforte d’Alba, Novello e Barolo. Il nome Langhe deriva da lingua, la forma delle strette e lunghe colline. Il mondo del Barolo è diviso in due diversi territori:
Docg dal 1980, disciplinare modificato di recente per inserimento del nome delle vigne, che sono 171, trentotto mesi di cui diciotto in legno, per la menzione “Riserva” 62 mesi di cui 18 in legno, non viene specificata la grandezza della botte. Attualmente il porta innesto più utilizzato è il 420A, ha radici fini che vanno in profondità, i nuovi cloni innestati producono molto di più, per questo si usa frequentemente l’abbattimento in vigna.
Verduno, paese famoso anche per il Pelaverga, vitigno autoctono, le vigne importanti sono: Boscatto, Massara, Monvigliero, San Lorenzo ecc…ecc… Piccolo paese con aziende che lavorano bene, piccoli vigneti solo per estensione, ma grandi nel risultato finale. Il vigneto Monvigliero ha in totale 11 ettari ed ha una storica diatriba con i Cannubi, vigneto nel comune di Barolo, oltre al fatto che è l’ultimo vigneto delle Langhe, prima del Roero e del fiume Tanaro.
Fratelli Alessandria Barolo Monvigliero 2005 azienda nata all’inizio dell’800, hanno 12 ettari di proprietà più 2 in affitto, di questo Barolo producono 5000 bottiglie da una vigna di 30 anni. Vino di colore granato vivo, non una grande annata, speziato, vino ancora giovane, sentori di viola e frutta matura, erbe medicinali, tannini leggermente astringenti, sapido.
G.B. Burlotto Barolo Acclivi 2001 azienda con grandi tradizioni nel tempo, furono tra i primi ad imbottigliare il vino, 12 ettari di proprietà e 3 in affitto, il nome Acclivi racchiude le tre vigne che concorrono nella produzione di questo Barolo: Monvigliero, Neirane e Rocche d’Olmo. Vino complesso, maturo, iodato, naso ampio e generoso, al naso sentori di frutta e viola appassita, in bocca è avvolgente e rotondo.
La Morra, territorio grande, maggiore ricchezza e sostanza dei vini rispetto a quelli di Verduno, le vigne che meritano di essere elencate sono: Brunate, Capalot, Rocchettevino, Cerequio, Arborina e Gattera, quest’ultima distinguibile da un grande cedro libanese che la sormonta, nella tenuta di Cordero di Montezemolo.
Accomasso Barolo Rocchette Riserva 2004 grande annata, vino tradizionale, lunghe macerazioni, commercializzato dopo 5 anni dalla vendemmia. Azienda con solo 3,5 ettari, tutti nel comune di La Morra, classico vignaiolo langarolo. Il vino è ricco, sentori di more e ciliegia, tannico, fine e maturo.
Voerzio Barolo Vecchie Viti dei Capalot e delle Brunate Riserva 1999 prodotto solo in Magnum, il costo si aggira sui 200 €, bassissime rese per ettaro, in proprio dal 1986, Roberto Voerzio ha 13 ettari di proprietà e 7 in affitto, non si fa uso di anidride solforosa. Vino riconoscibile con personalità, legato al territorio, esasperazione sulla resa, caratteristiche costanti nel tempo, vino con buon corpo, sentori di liquirizia, persistente, di colore granato intenso.
Barolo, le vigne più rappresentative di questo comune sono: Cannubi, Boschis, San Lorenzo, Vallette e Castellero. Proprio della vigna Cannubi abbiamo la più vecchia bottiglia di Barolo, datato 1752.
F.lli Barale Barolo Castellero Riserva 2003 abbiamo in sala Sergio Barale, produttore di questa azienda fondata nel 1870, 10 ettari di proprietà e 10 in affitto. Vigna policlonale, che matura tardi perciò nelle estati calde si ha il massimo del risultato, collina fresca con rugiada mattutina, nessuna chiarifica, affinamento in bottiglia per almeno 12 mesi, pigiatura soffice, rimantaggi leggeri e frequenti, 3 anni in Rovere francese. Vino con sentori balsamici, tannico e aggressivo, longevo, note speziate e di liquirizia, olfatto impegnativo. Personalmente lo giudico il migliore dei sei vini in degustazione oggi.
Sandrone Barolo Cannubi Boschis 1996 presentato in Magnum, azienda nata nel 1978 da Luciano Sandrone, la prima annata di uscita del prodotto 1981, 1500 bottiglie, quasi un manifesto dei nuovi barolisti, 20 ettari di proprietà e 7 in affitto, 35 quintali per ettaro di resa, malolattica in legno, queste bottiglie sono datate novembre 1998, prima del servizio sono state decantate, vino di grande morbidezza, qualità perfetta data l’età un gran vino.
Tutti i sei vini degustati questa sera e selezionati personalmente da Mauro Carosso, hanno espresso grande qualità, sono tutti di una fascia medio alta soprattutto il quarto e il sesto.
Ciao
GB
Inizia con qualche minuto di ritardo l’evento di sabato 29 gennaio, nella solita sala del Westin Palace a Milano, il primo di due appuntamenti pomeridiani dedicati al Barolo.
Prende il microfono Mauro Carosso, delegato AIS di Torino, eletto nel 2010 nel Consiglio Nazionale, ricopre la carica di Responsabile Nazionale dei Servizi, oggi parleremo di storia e di tre comuni: Verduno, La Morra e Barolo, degustando sei vini.
Iniziativa lodevole dei produttori quella di regalare il vino per questo evento, in modo che l’interno ricavato vada devoluto per un progetto ad Haiti, dove un Prete, originario delle Langhe, sta operando a favore dei bambini, ovviamente anche l’AIS ha appoggiato la causa, devolvendo interamente l’incasso.
Al fianco di Mauro Carosso abbiamo Roberto Marro, suo collaboratore, giornalista ed editore, collabora con il quotidiano La Stampa di Torino.
Il comune di Barolo ha avuto una parte fondamentale nella storia di questo vino, la Nobile famiglia Falletti, risiedeva nel Castello di Barolo, ma la storia di questo vino inizia molti secoli prima, con la comunità ligure dei Stazielli, che furono sconfitti dalle legioni romane in prossimità di Acqui Terme, zona strategica per il commercio, crocevia di strade e vicina al mare. Alba e Pollenzo furono città fondate dai romani, durante il periodo di Giulio Cesare si inizia a parlare di Nebbiolo. Nel Medio Evo, abbiamo il primo documento nel Castello di Rivoli, vicino a Torino, Negli Statuti di La Morra nel 1512 viene citato il “Nebiolium” e nel 1606 Giovan Battista Croce, gioielliere dei Savoia, scrisse un libro nel quale cita il vino prodotto sulle colline di Torino. Nel 1751 si parla per la prima volta ufficialmente di Barolo, a Londra, grazie ad una spedizione di vino. Thomas Jefferson nel 1787, viene a visitare le zone vitivinicole dell’Italia e della Francia e scrive, in questa occasione, molti appunti, nel risorgimento il Barolo incontra la storia dell’Italia, Camillo Benso di Cavour, che ha creato il Barolo moderno, dopo aver lasciato l’esercito si dedica alle tenute di famiglia a Grinzane, sono circa 205 ettari. Di fianco al Nebbiolo fa piantare 5 ettari di Pinot Nero e chiama Stagliero come enologo, il quale apporterà le fermentazioni in tini chiusi, l’utilizzo dello zolfo e le botti grandi per la maturazione. Questo vino piace e si riesce a commercializzarlo bene. Altro personaggio che ha dato molto al vino è Louis Oudart, francese di Borgogna che commercia vino a Genova, si trasferisce a Barolo per portare le lunghe macerazioni e l’imbottigliamento del vino. Oudart è anche il primo a spumantizzare il Cortese. Juliette Colbert di Maulèvrier, appartenente ad una nobile famiglia francese, sposa Tancredi Falletti e si trasferisce a Torino, Tancredi muore nel 1838 e lei rimane nelle Langhe chiedendo a Camillo Benso di Cavour di prestargli l’enologo Oudart per migliorare i suoi vini. Carlo Alberto, padre del primo Re d’Italia, beve il vino della Marchesa, fattogli arrivare a Torino a bordo di 365 meno 40, che sono i giorni di Quaresima, carri con una botte di Barolo ciascuno. Anche i Savoia iniziano a produrre il Barolo e grazie a Giovanni Vialardi, vice cuoco di corte, a fonderlo con la cucina subalpina e francese, sia nell’accompagnamento che durante le preparazioni delle pietanze.
La zona del Barolo parte da Alba e arriva fino al fiume Tanaro, che divide le Langhe dal Roero, sono undici i comuni destinati alla produzione: Cherasco, La Morra, Verduno, Roddi, Grinzane Cavour, Diano d’Alba, Castiglione Falletto, Serralunga d’Alba, Monforte d’Alba, Novello e Barolo. Il nome Langhe deriva da lingua, la forma delle strette e lunghe colline. Il mondo del Barolo è diviso in due diversi territori:
- Terreno Tortoniano: Verduno, La Morra e Barolo, marne di color giallo, vini fini ed eleganti
- Terreno Elveziano: Castiglione Falletto, Monforte d’Alba e Serralunga d’Alba, marne grigie, vini complessi e vocati all’affinamento negli anni
Docg dal 1980, disciplinare modificato di recente per inserimento del nome delle vigne, che sono 171, trentotto mesi di cui diciotto in legno, per la menzione “Riserva” 62 mesi di cui 18 in legno, non viene specificata la grandezza della botte. Attualmente il porta innesto più utilizzato è il 420A, ha radici fini che vanno in profondità, i nuovi cloni innestati producono molto di più, per questo si usa frequentemente l’abbattimento in vigna.
Verduno, paese famoso anche per il Pelaverga, vitigno autoctono, le vigne importanti sono: Boscatto, Massara, Monvigliero, San Lorenzo ecc…ecc… Piccolo paese con aziende che lavorano bene, piccoli vigneti solo per estensione, ma grandi nel risultato finale. Il vigneto Monvigliero ha in totale 11 ettari ed ha una storica diatriba con i Cannubi, vigneto nel comune di Barolo, oltre al fatto che è l’ultimo vigneto delle Langhe, prima del Roero e del fiume Tanaro.
Fratelli Alessandria Barolo Monvigliero 2005 azienda nata all’inizio dell’800, hanno 12 ettari di proprietà più 2 in affitto, di questo Barolo producono 5000 bottiglie da una vigna di 30 anni. Vino di colore granato vivo, non una grande annata, speziato, vino ancora giovane, sentori di viola e frutta matura, erbe medicinali, tannini leggermente astringenti, sapido.
G.B. Burlotto Barolo Acclivi 2001 azienda con grandi tradizioni nel tempo, furono tra i primi ad imbottigliare il vino, 12 ettari di proprietà e 3 in affitto, il nome Acclivi racchiude le tre vigne che concorrono nella produzione di questo Barolo: Monvigliero, Neirane e Rocche d’Olmo. Vino complesso, maturo, iodato, naso ampio e generoso, al naso sentori di frutta e viola appassita, in bocca è avvolgente e rotondo.
La Morra, territorio grande, maggiore ricchezza e sostanza dei vini rispetto a quelli di Verduno, le vigne che meritano di essere elencate sono: Brunate, Capalot, Rocchettevino, Cerequio, Arborina e Gattera, quest’ultima distinguibile da un grande cedro libanese che la sormonta, nella tenuta di Cordero di Montezemolo.
Accomasso Barolo Rocchette Riserva 2004 grande annata, vino tradizionale, lunghe macerazioni, commercializzato dopo 5 anni dalla vendemmia. Azienda con solo 3,5 ettari, tutti nel comune di La Morra, classico vignaiolo langarolo. Il vino è ricco, sentori di more e ciliegia, tannico, fine e maturo.
Voerzio Barolo Vecchie Viti dei Capalot e delle Brunate Riserva 1999 prodotto solo in Magnum, il costo si aggira sui 200 €, bassissime rese per ettaro, in proprio dal 1986, Roberto Voerzio ha 13 ettari di proprietà e 7 in affitto, non si fa uso di anidride solforosa. Vino riconoscibile con personalità, legato al territorio, esasperazione sulla resa, caratteristiche costanti nel tempo, vino con buon corpo, sentori di liquirizia, persistente, di colore granato intenso.
Barolo, le vigne più rappresentative di questo comune sono: Cannubi, Boschis, San Lorenzo, Vallette e Castellero. Proprio della vigna Cannubi abbiamo la più vecchia bottiglia di Barolo, datato 1752.
F.lli Barale Barolo Castellero Riserva 2003 abbiamo in sala Sergio Barale, produttore di questa azienda fondata nel 1870, 10 ettari di proprietà e 10 in affitto. Vigna policlonale, che matura tardi perciò nelle estati calde si ha il massimo del risultato, collina fresca con rugiada mattutina, nessuna chiarifica, affinamento in bottiglia per almeno 12 mesi, pigiatura soffice, rimantaggi leggeri e frequenti, 3 anni in Rovere francese. Vino con sentori balsamici, tannico e aggressivo, longevo, note speziate e di liquirizia, olfatto impegnativo. Personalmente lo giudico il migliore dei sei vini in degustazione oggi.
Sandrone Barolo Cannubi Boschis 1996 presentato in Magnum, azienda nata nel 1978 da Luciano Sandrone, la prima annata di uscita del prodotto 1981, 1500 bottiglie, quasi un manifesto dei nuovi barolisti, 20 ettari di proprietà e 7 in affitto, 35 quintali per ettaro di resa, malolattica in legno, queste bottiglie sono datate novembre 1998, prima del servizio sono state decantate, vino di grande morbidezza, qualità perfetta data l’età un gran vino.
Tutti i sei vini degustati questa sera e selezionati personalmente da Mauro Carosso, hanno espresso grande qualità, sono tutti di una fascia medio alta soprattutto il quarto e il sesto.
Ciao
GB
Commenti
Posta un commento