Metodo classico rosè

Affrontiamo una tipologia di vino, il Metodo classico rosè, molto spesso bistrattato, forse per vecchi retaggi ma, sicuramente quando ti affascina non lo dimentichi più. I vini rosati si possono ottenere con diversi modi di produzione: breve macerazione delle uve rosse, utilizzo di uve grigie e mescolando vino bianco con vino rosso, quest’ultima operazione è l’alchimia per ottenere una magia francese, lo Champagne rosè. Il problema, se così lo vogliamo definire, dei Metodo classico rosè, è il colore, mutevole per effetto della depigmentazione che avviene durante la rifermentazione in bottiglia, si passa dalla buccia di cipolla al salmone, dal rosato al ramato più acceso. In Italia le zone nelle quali troviamo menzionabili prodotti Metodo classico rosè sono: alta Langa, Franciacorta, Oltrepo’ Pavese, Trento DOC, Alto Adige, Bardolino Chiaretto e molte altre ma, la storia di questi vini è molto recente, si pensi che in Franciacorta solo nel 1973 l’azienda Lenza produsse il primo rosè Metodo classico, mentre a Trento, Ferrari uscì con il suo nel 1969.

Dopo queste poche premesse partiamo subito con la degustazione di sei prodotti che arrivano da diverse zone del nostro paese e in molti casi sono stati ottenuti con mono vitigno.

Az. Marcato - Durello Rosé, 50% pinot nero 40% durella e 10% chardonnay, 36 mesi sui lieviti e un’acidità fuori scala data da una notevole durezza, al naso frutti di bosco in caramella, interessante fino a che non arriva a stufare. In bocca entra dolce con un frutto maturo fresco.

Az. Cantine del Notaio - La Stipula, 100% aglianico, prodotto non dosato, netti al naso i sentori di rifermentazione sui lieviti, macerazione significativa. In bocca una certa crudità, un vino molto maschio da pasto importante, presenza di tannino e spezie.

Az. Ugo Vezzoli - Brut Rose, 60% chardonnay e 40% pinot nero, 24 mesi sui lieviti, al naso un lievito solforato e stantio, sentori forse dati da temperature troppo alte durante il tumulto. Nota vegetale e di sotto bosco. In bocca netta la morbidezza.

Az. Sessa Aurunca - Villa Matilde, 100% aglianico, un brut da 24 mesi sui lieviti, un profumo che vira verso un vino bianco, lieve sentore minerale e di idrocarburo. Bella eleganza femminile, accompagnata da freschezza, in prospettiva un vino d’attendere.

Az. Leone de Castris - Five Roses, 100% negroamaro, 24 mesi sui lieviti, sentori di buccia e croccantezza dell’uva al naso, un amaro ben dosato, scontroso ed essenziale, schiumosità con dolcezza della frutta.

Az. Torrevilla - La Genesia, 100% pinot nero, un Cruasè di colore salmone, macerazione prolungata sulle bucce, al naso spezie legnose, ricco e persistente.

Az. Terre della Custodia, 100% sangiovese, 24 mesi sui lieviti, al naso netti i sentori di zucchero lavorato, poco spazio per le spezie, discreta giovinezza del lievito. In bocca quasi un vino rosso.

Az. Castello di Cigognola - More rosé, 100% pinot nero, 24 mesi sui lieviti, sboccatura 2013, colore rosa di media intensità con una nota ramata. In degustazione si fa fatica a capire che non è un dosato, in bocca un buon ingresso, scema in modo delicato alla svelta.



Una bella degustazione condotta da Nicola Bonera, sicuramente è stata un’occasione per scoprire prodotti facenti parte di una nicchia enologica che si sta facendo le spalle grosse e incomincia ad essere presente in molti locali e nelle carte dei ristoranti, sia in Italia che all’estero. In quest’ultimo decennio il giro degli affari intorno a questa tipologia di vino è in netto aumento, basti pensare che in Italia si importano circa trecento mila bottiglie di Champagne rosè all’anno.

Ciao
GB

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