Il Brandy italiano

Con un accordo firmato il 29 maggio 1948, ratificato in legge il 18 luglio 1949, il Cognac italiano cambiò nome in Brandy o Arzente, quest’ultimo termine toscano proposto da Gabriele D’Annunzio. Con il passare degli anni il termine Brandy, molto più internazionale e orecchiabile ebbe il maggiore utilizzo sulle etichette. Le più antiche aziende italiane che producevano Cognac sono state fondate nel diciottesimo secolo. Nomi famosi come Buton, Fratelli Branca, Stock, Florio, Pilla, ci portano indietro nel tempo e rievocano etichette storiche, facenti parte della cultura italiana fino al secondo dopoguerra. Per produrre questo distillato italiano si possono usare uve di ogni tipologia, ma si preferiscono quelle a bacca bianca della famiglia dei trebbiani, che hanno come caratteristiche la bassa alcolicità e la buona acidità.


La denominazione Brandy italiano è riservata al Brandy ottenuto in Italia dalla distillazione di vino proveniente da uve coltivate e vinificate sul territorio nazionale. L’invecchiamento deve avvenire in magazzini ubicati nel nostro paese, in recipienti di quercia non verniciati né rivestiti. Il tenore delle sostanze volatili non deve essere inferiore a 140 g/hl di alcol anidro. Il titolo alcolometrico volumico non deve essere inferiore al 38% e gli zuccheri aggiunti non possono superare i 20 g/L, espressi in zucchero invertito. Per la distillazione vengono usati alambicchi a colonna e discontinui. L’invecchiamento deve durare minimo 12 mesi in botti di legno, ma solo 6 mesi se la capienza delle botti non è superiore ai 1000 litri, in regime di sorveglianza fiscale. Durante l’invecchiamento il distillato evolve, arricchendosi grazie ai vari processi di scambio con l’atmosfera, dettati dalla porosità del legno.

Ciao
GB

Commenti

Post più popolari