Il metodo ancestrale secondo Stefano Grilli e La Palazzola
Il metodo ancestrale ha una storia antecedente alle
scoperte di Pasteur sui lieviti, una pratica produttiva diffusa in Francia e
Italia prima ancora che si utilizzasse l’aggiunta dello zucchero al vino. Sono
state rinvenute anfore dell’epoca romana dove veniva utilizzato il piombo per
tenere chiuso il recipiente, dove al suo interno si produceva la bevanda di
Bacco.
Il metodo ancestrale prevede che la fermentazione
viene rallentata e poi bloccata conservando un contenuto di zuccheri
sufficiente a garantire la ripresa della stessa dopo l’imbottigliamento, senza
ulteriori aggiunte.
Il vero sviluppo dei vini con rifermentazione in
bottiglia si ebbe, ovviamente dopo il 1920, quando la produzione del vetro
iniziò a dare la possibilità di supportare pressioni superiori alle due
atmosfere. In Italia il grado di maturazione che l’uva raggiunge permette di
ottenere mosti atti alla metodologia, producendo degli spumanti con un buon
equilibrio e discreto titolo alcolometrico volumico.
L’azienda La
Palazzola è sita a pochi chilometri da Terni,
città industriale senza storia vinicola. La vicina Orvieto ha invece sempre avuto una produzione rilevante. La
spumantizzazione storicamente non è mai stata praticata in queste zone.
La Palazzola
Brut 2012, colore giallo dorato, abbastanza carico, perlage fine, persistente e poco
numeroso. Vino ottenuto principalmente da uve sangiovese, in minor parte da
vermentino e trebbiano. La ricchezza delle uve rosse da pienezza. Ricordi di
tabacco, terra bagnata e tartufo nero. In bocca è immediato, conserva una
struttura acida.
Riesling Brut
2013, netto al naso l’idrocarburo originario del vitigno, ricordi che
ritroviamo anche in bocca. Il vino non fa la fermentazione malolattica e passaggi
in legno. Una grande presenza di acidità, salinità e sentori d’incenso. In
bocca è secco e pieno, un palato fresco.
Grand Cuvée
2013, 80% pinot nero e 20% chardonnay, si esegue la malolattica e metà del
prodotto fermenta in legno. Il naso regala semplici ricordi di lieviti e panificazione,
un vago viaggio verso la Francia spumantistica, anche se rimangono i sentori
della terra, come legame con il territorio di produzione.
Riesling Brut
2006 Collezione, esplosivo e complesso, grande guadagno dalla lunga sosta sui lieviti, la
sboccatura della bottiglia è datata 2017. Note al naso che si avvicinano al
terziario, molto evolute. In bocca morbidezza e persistenza, una certa
rotondità.
Grand Cuvée
2006 Collezione, 85% pinot nero e 15% chardonnay. Complessità data dall’invecchiamento con
molti ricordi legati al centro Italia. Eleganza e profumi che portano verso il
burro, i biscotti e la frutta candita.
Senza Annata in
legno Brut, sboccatura 2017 e tre annate (2011,2012 e 2013) a comporre la cuvée.
Bellissimo colore carico e luminoso, note di torba e profumi elaborati, vino
con grande struttura. Un modo diverso di bere vini con le bollicine, quasi una
scelta eccentrica, come risultato di una ricerca.
Senza Annata in
legno Brut Rosè, cabernet sauvignon e una piccola percentuale di pinot nero. Colore ricco
e profondo, espressione di autenticità. Il naso porta verso il salmastro e la
bocca è pulita e persistente.
Demisec 2011, 50% pinot
nero e 50% chardonnay. La dolcezza prevale sul vegetale, ricordi di erbe aromatiche
e rosmarino. Piacevolezza e morbidezza. In bocca avvolgenza che invita alla
beva e suggerisce l’abbinamento culinario, notevole personalità.
Un grande applauso va a Stefano Grilli e ai vini prodotti con il metodo
ancestrale, espressioni del centro Italia, esportati nel mondo, baluardi della
nostra nazione.
Ciao
GB
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