Gravner, vini d'anfora
Senza seguire le parole, ma ascoltando il cuore, ci si avvicina al vino di Josko Gravner, un vino che ha radici nel paese che un tempo è stato il paradiso terrestre.
Viticoltore da quando era giovane, nell’azienda di famiglia, Josko Gravner inizia la sua avventura nel 1972 con un grande abbandono dell’uso del legno, virando verso l’acciaio, uno sbaglio al quale con grandi impegni e sforzi economici, si è dovuto rimediare. Con queste parole Josko Gravner inizia a raccontarci la sua azienda e i suoi metodi di produzione, ma soprattutto la sua filosofia di vita e di pensiero. Anche l’uso delle barrique è stato un esperimento che non ha dato i risultati voluti e di conseguenza è durato poco. Nel 1987 un primo viaggio verso la California ha aperto gli orizzonti di Josko Gravner, trovarsi di fronte ai primi vini ottenuti con aromi sintetici, degustati presso alcuni produttori, gli ha fatto apprendere cosa non bisogna fare. Il passo successivo è stato un viaggio nel Caucaso, alla ricerca del vino puro, ottenuto con pratiche millenarie. Arrivarono così le prime anfore in Italia, per la produzione della ribolla gialla anno 1997. Ovvia conseguenza fu la ristrutturazione della cantina e l’ampliamento della produzione. Nessuna chiarifica e aggiunta di lieviti, solo un piccolo apporto di zolfo, queste sono le linee guida dei vini di Gravner, il quale non si definisce biologico o biodinamico, per non avere timbri da portare sulla schiena e da usare come scudo. Una produzione di vino fatta per se stesso e il resto si vende, questa è una delle massime di Josko Gravner, per il consumatore non c’è maggiore garanzia, si arriva così a una produzione pulita ed eticamente sostenibile, in un ambiente creato come un vero e proprio ecosistema nell’intorno delle sue vigne, oggi disseminate di stagni, alberi da frutto, ulivi e querce. Purtroppo molti produttori cercano di salire sul carro vincente senza aver cambiato il modo di vivere e di pensare. Tutte le tecniche moderne hanno una durata di pochi anni, successivamente ne arriva una nuova che sostituisce la precedente, l’uso dell’anfora è eterno, ha 5000 anni di storia, prodotta con la terra, stesso elemento che serve alla vite per far crescere i suoi frutti, l’uva, un frutto che deve essere sano e in armonia con la natura.
In azienda non si esegue il controllo del grado zuccherino, per avere la mente più libera, il vino è filosofia non enologia da circa sei millenni. Un modo di pensare e di vivere che Josko Gravner non condivide più con altri produttori, per non cercare di convincere gli altri a seguire la sua filosofia produttiva. Non esistono piccole e grandi annate, sostiene Gravner, soprattutto per i vini e le uve bianche, il Dio Natura ha sempre ragione, l’annata varia e noi dobbiamo seguire i cambiamenti, bisogna saper aspettare e capire cosa fare in ogni periodo dell’anno. Un altro componente del vino di Gravner è il tappo, che deve essere assolutamente di sughero, un tramite tra il vino e l’universo, questo comporta una conservazione delle sue bottiglie in posizione verticale.
Passiamo ora alla degustazione, due vini bianchi di tre annate differenti, proposti in una sequenza inversa, per seguire le ricerca della pulizia nel prodotto finale.
Breg Gravner Anfora 1998, annata di grande pioggia, periodo dove le uve dovevano essere perfettamente sane, al naso frutta matura di albicocca e scorza di arancio, vino iodato che vira verso il terziario, nota finale di fungo secco. In bocca è acido ed equilibrato.
Breg Gravner Anfora 2002, lunghissima permanenza sulle vinacce, annata definita pessima, ma che ha donato cedro e pesca, sentori vegetali e speziati, oleandro e fiori disidratati. In bocca grande potenza ed immediatezza, tannino bilanciato dalle morbidezze, un vino di grande beva.
Breg Gravner Anfora 2005, annata bella con uve molto mature e tanta botrytis cinerea, vino imbottigliato dopo molti anni e vari passaggi in anfora. Frutta secca e noce al naso, in bocca nota balsamica dolce, un grande contrasto e un lungo inseguimento sul palato. Vino di corpo con grande profondità.
L’ultimo Breg Gravner Anfora che verrà prodotto e imbottigliato sarà il 2012, i vigneti stanno per essere estirpati per inseguire il fuori classe: la ribolla gialla. Un sogno condiviso con Luigi Veronelli tanti anni fa.
Ribolla Anfora 2002, naso pulito ed elegante, note di frutta esotica, biscotto e zabaione, l’entrata in bocca è difficile da descrivere, persistenza ed eleganza, mineralità e acidità. Vino completo da tutti i punti di vista, una grande pulizia nel finale.
Ribolla Anfora 2004, albicocca e prugna in confettura, castagna e mandorla, accompagnate dal cacao in polvere. In bocca grande equilibrio e lunga strada ancora da compiere.
Ribolla Anfora 2005, naso maturo dato dalla botrytis cinerea, molto presente in questa annata, susina e fragole di bosco, miele e cera d’api. In bocca note dolci e iodate che creano un contrasto.
Vini considerati delle opere d’arte che ci fanno riflettere su cosa si può arrivare a produrre, un vino che tocca il cuore ed è per questo che si può chiamare vino e non bibita.
Ciao
GB
Viticoltore da quando era giovane, nell’azienda di famiglia, Josko Gravner inizia la sua avventura nel 1972 con un grande abbandono dell’uso del legno, virando verso l’acciaio, uno sbaglio al quale con grandi impegni e sforzi economici, si è dovuto rimediare. Con queste parole Josko Gravner inizia a raccontarci la sua azienda e i suoi metodi di produzione, ma soprattutto la sua filosofia di vita e di pensiero. Anche l’uso delle barrique è stato un esperimento che non ha dato i risultati voluti e di conseguenza è durato poco. Nel 1987 un primo viaggio verso la California ha aperto gli orizzonti di Josko Gravner, trovarsi di fronte ai primi vini ottenuti con aromi sintetici, degustati presso alcuni produttori, gli ha fatto apprendere cosa non bisogna fare. Il passo successivo è stato un viaggio nel Caucaso, alla ricerca del vino puro, ottenuto con pratiche millenarie. Arrivarono così le prime anfore in Italia, per la produzione della ribolla gialla anno 1997. Ovvia conseguenza fu la ristrutturazione della cantina e l’ampliamento della produzione. Nessuna chiarifica e aggiunta di lieviti, solo un piccolo apporto di zolfo, queste sono le linee guida dei vini di Gravner, il quale non si definisce biologico o biodinamico, per non avere timbri da portare sulla schiena e da usare come scudo. Una produzione di vino fatta per se stesso e il resto si vende, questa è una delle massime di Josko Gravner, per il consumatore non c’è maggiore garanzia, si arriva così a una produzione pulita ed eticamente sostenibile, in un ambiente creato come un vero e proprio ecosistema nell’intorno delle sue vigne, oggi disseminate di stagni, alberi da frutto, ulivi e querce. Purtroppo molti produttori cercano di salire sul carro vincente senza aver cambiato il modo di vivere e di pensare. Tutte le tecniche moderne hanno una durata di pochi anni, successivamente ne arriva una nuova che sostituisce la precedente, l’uso dell’anfora è eterno, ha 5000 anni di storia, prodotta con la terra, stesso elemento che serve alla vite per far crescere i suoi frutti, l’uva, un frutto che deve essere sano e in armonia con la natura.
In azienda non si esegue il controllo del grado zuccherino, per avere la mente più libera, il vino è filosofia non enologia da circa sei millenni. Un modo di pensare e di vivere che Josko Gravner non condivide più con altri produttori, per non cercare di convincere gli altri a seguire la sua filosofia produttiva. Non esistono piccole e grandi annate, sostiene Gravner, soprattutto per i vini e le uve bianche, il Dio Natura ha sempre ragione, l’annata varia e noi dobbiamo seguire i cambiamenti, bisogna saper aspettare e capire cosa fare in ogni periodo dell’anno. Un altro componente del vino di Gravner è il tappo, che deve essere assolutamente di sughero, un tramite tra il vino e l’universo, questo comporta una conservazione delle sue bottiglie in posizione verticale.
Passiamo ora alla degustazione, due vini bianchi di tre annate differenti, proposti in una sequenza inversa, per seguire le ricerca della pulizia nel prodotto finale.
Breg Gravner Anfora 1998, annata di grande pioggia, periodo dove le uve dovevano essere perfettamente sane, al naso frutta matura di albicocca e scorza di arancio, vino iodato che vira verso il terziario, nota finale di fungo secco. In bocca è acido ed equilibrato.
Breg Gravner Anfora 2002, lunghissima permanenza sulle vinacce, annata definita pessima, ma che ha donato cedro e pesca, sentori vegetali e speziati, oleandro e fiori disidratati. In bocca grande potenza ed immediatezza, tannino bilanciato dalle morbidezze, un vino di grande beva.
Breg Gravner Anfora 2005, annata bella con uve molto mature e tanta botrytis cinerea, vino imbottigliato dopo molti anni e vari passaggi in anfora. Frutta secca e noce al naso, in bocca nota balsamica dolce, un grande contrasto e un lungo inseguimento sul palato. Vino di corpo con grande profondità.
L’ultimo Breg Gravner Anfora che verrà prodotto e imbottigliato sarà il 2012, i vigneti stanno per essere estirpati per inseguire il fuori classe: la ribolla gialla. Un sogno condiviso con Luigi Veronelli tanti anni fa.
Ribolla Anfora 2002, naso pulito ed elegante, note di frutta esotica, biscotto e zabaione, l’entrata in bocca è difficile da descrivere, persistenza ed eleganza, mineralità e acidità. Vino completo da tutti i punti di vista, una grande pulizia nel finale.
Ribolla Anfora 2004, albicocca e prugna in confettura, castagna e mandorla, accompagnate dal cacao in polvere. In bocca grande equilibrio e lunga strada ancora da compiere.
Ribolla Anfora 2005, naso maturo dato dalla botrytis cinerea, molto presente in questa annata, susina e fragole di bosco, miele e cera d’api. In bocca note dolci e iodate che creano un contrasto.
Vini considerati delle opere d’arte che ci fanno riflettere su cosa si può arrivare a produrre, un vino che tocca il cuore ed è per questo che si può chiamare vino e non bibita.
Ciao
GB
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