Il Barbaresco - Treiso e Neive

La zona di produzione del Barbaresco, ottenuto con uve del prestigioso e aristocratico vitigno Nebbiolo, è limitata alle sole colline dei comuni di Barbaresco, Treiso e Neive e a una parte della frazione di San Rocco Seno d'Elvio. Il Barbaresco è un vino che per i torinesi è sempre stato più semplice rispetto al Barolo, un vino da bere nei giorni particolari ma non nelle grandi occasioni. In due appuntamenti condotti da Mauro Carosso, vedremo se è così o se il Barbaresco è un vino con delle sue identità che lo possono portare ad avere una sua linea.
Il Barbaresco ha una storia più giovane rispetto al Barolo, anche se il Nebbiolo nei comuni di Neive, Treiso e Barbaresco è stato coltivato da sempre.
I Liguri Stazielli portarono la vite in queste zone ancora prima dei Romani. Il nome Barbaresco deriva proprio dalla lingua dei liguri, i quali avevano molte parole che finivano in “resco”.
Tito Livio scrisse che i Barbari arrivarono in Piemonte attratti dal vino Barbaresco. Nel Duomo di Alba è ancora presente una rappresentazione del comune di Barbaresco sovrastato da una coppa di vino, ricordiamo che Sorì San Lorenzo di Gaja è legato a questa raffigurazione, perché le vigne erano di proprietà del Duomo, dedicato proprio a San Lorenzo. Nei registri del Castello di Neive ci sono dei documenti, risalenti al 1767, riguardanti le coltivazioni di Nebbiolo a Santo Stefano. Nel 1799 l’esercito austro-russo sconfisse i francesi e in premio pretese il vino di queste zone.
Louis Oudart, nativo della zona di Reims in Francia, venne in Piemonte per collaborare con i Conti Castelborgo di Neive e poi, con Camillo Benso Conte di Cavour, fece nascere il Barolo moderno, dopo molti anni trascorsi a Pollenzo, vicino a Bra, si diresse a Genova, dove fondò un’azienda dedita alla produzione e alla vendita del vino, erano gli anni dell’unità d’Italia. Nel 1870 presso la Cascina Drago di San Rocco, fu imbottigliata la prima bottiglia di Barbaresco, ancora oggi integra.
Il territorio di produzione del Barbaresco è molto omogeneo, quasi tutto tortoniano, costituito con le Marne di Sant’Agata, fossili di colore grigio azzurro.
La DOCG è ora composta di 662 ettari, un terzo di quelli del Barolo, la DOC è nata nel 1966 e la DOCG nel 1980, seguite da un disciplinare modificato nel 2007. Rese previste per ettaro 80 quintali, che scendono a settantadue per la menzione vigna in etichetta.
Le menzioni geografiche aggiuntive sono state inserite nella Docg del Barbaresco per prime.

Neive, è il paese più bello e nobile di tutta la zona di produzione, nel borgo alto c’è il Castello che domina il paesaggio, comune conteso negli anni tra Alba e Asti, diventa francese, poi spagnolo e infine sabaudo. L’ultima Contessa di Neive fu Maria Vittoria, alla quale è dedicato l’ospedale di Torino. Siamo a circa 350 mt. sul livello del mare, con 700 ettari vitati suddivisi in 187 aziende, il territorio comunale è diviso in tre zone: settore nord che parte da vigna Gallina, settore ovest da vigna Gallina verso Barbaresco e settore est che culmina nel Bricco (settore più omogeneo ma il meno vocato alla viticoltura).
In questi settori il Nebbiolo convive con il Moscato, sono molte le aziende che producono e imbottigliano questo vino dolce, bevuto in abbinamento ai dolci della cucina piemontese e lombarda.

Tra tutte le vigne evidenziamo:

Basarin, nella zona ovest, vigna che insieme a Gallina, sono state le prime menzionate in etichetta, dal Parroco di Neive.

Currà, è una delle vigne più piccole, con grande regolarità dei pendii, il nome deriva da Curato, si ottengono vini grassi ed eleganti dal punto di vista olfattivo.

Albesani, nella zona nord sopra Gallina e Bordini, vigna con esposizione variabile, storica e importante, qui troviamo la sotto zona Santo Stefano del Castello di Neive.

Treiso, nata come stazione di posta, strategicamente molto importante per gli albesi. Nel 900 è stata una sede molto importante del presidio partigiano, Beppe Fenoglio parlò spesso di Treiso nei suoi libri, il territorio del comune è quello più a sud della zona di produzione del Barbaresco, Le Rocche dei Sette Fratelli sono nella zona a sud di questo territorio.

Tra le vigne evidenziamo:

Nervo Fondetta, vigna vicino al comune di Treiso, vigneto ripido con bel drenaggio per le acque.

Valeirano, famosa per la presenza dell’azienda La Spinetta, vicino al cru Rizzi, nel 1879 era già considerata uno dei vigneti migliori, si producono vini con grande evoluzione nel tempo, grandi tannini.

Passiamo ora alla degustazione di sei Barbareschi diversi tra loro, sia per gli anni d’invecchiamento che per le sensazioni che ci daranno:

La Spinetta - Vigneto Valeirano 2006, azienda con un totale di 100 ettari di proprietà in vari territori, Giorgio Rivetti ne è il proprietario, circa 500.000 bottiglie di produzione annue, di questo vino 7000, con 30-35 quintali di resa per ettaro. Colore intenso granato con riflessi rubino, al naso frutta e fiori, leggermente vegetale. Naso giovane con i profumi terziari ancora da esprimere, in bocca il tannino è netto e chiaro ma morbido, poi arriva la frutta e il legno, con note di liquirizia e balsamiche.

Rizzi - Nervo Fondetta 2007, azienda a conduzione familiare con 35 ettari di vigne, 55.000 bottiglie annue, di questo vino circa 3000, con sosta in cemento. Colore con carica ridotta, vivo granato, al naso è minerale, in prevalenza sulla frutta e sui fiori, sentori particolari dati da questo vigneto. In bocca è fine e persistente, tannino setoso ed elegante.

Sottimano - Currà 2005, azienda fondata nel 1974 con sede a Cottà di Neive, 25.000 bottiglie di Barbaresco all’anno, vigneto di 1,5 ettari per questo vino in degustazione. Colore intenso granato, al naso è speziato e fruttato, naso giovane in evoluzione. In bocca è tannico e generoso.

Pelissero – Vanotu 2008, azienda fondata del 1960 dal padre di Giorgio Pelissero, l’attuale proprietario, trentacinque ettari di proprietà fra Treiso e Neive, di questo vino sono prodotte 15.000 bottiglie annue. Vino dinamico, piccole tostature al naso, uso del legno piccolo, in bocca il tannino è vivo ed entra pulito.

Castello di Neive – S.Stefano Riserva 1998, l’azienda inizia con Giacomo Stupino che acquista il Castello e le sue vigne nel 1964, 26 ettari, di questo vino si arriva a 15.000 bottiglie prodotte. Colore granato con poca evoluzione, al naso è speziato con note floreali appassite e confettura d’arancia, presente il balsamico. In bocca è fresco, con un bellissimo finale, annata fantastica.

Falletto – Asili Riserva 2000, con quest’ ultimo vino usciamo dai due comuni analizzati oggi, spostandoci a Barbaresco, meta della prossima puntata dedicata a questo vino. Azienda di Bruno Giacosa, un mostro sacro dell’enologia in Piemonte, 22 ettari di proprietà, 500.000 bottiglie prodotte, 14.000 di questo vino, etichetta rossa per la Riserva. Colore netto granato con leggera evoluzione, al naso speziatura, rabarbaro e china, frutta in confettura, note calde di tamarindo, in rispetto ad un’annata calda. In bocca è netto e piacevole, il tannino è morbido.

In abbinamento ai due ultimi vini ci è stato proposto un Tomino di Rivalta accompagnato da grissini di Sardena.

In tutti questi sei vini abbiamo notato sempre una certa finezza ed eleganza, note aggressive nei vini giovani, che sono comunque destinati a cambiare nel tempo, temperatura di servizio suggerita 17°C.

Ciao
GB

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