Nippon Day - Il Sake

Il Nihonshu, comunemente chiamato Sake, è la bevanda alcolica giapponese più conosciuta a noi occidentali.

Il territorio del Giappone è composto da 6852 isole, di cui quattro sono le più grandi, coprono il 97% del territorio, 130 milioni è il totale della popolazione, su una superficie di 378.000 Kmq.

Il Tè (O-Cha) soprattutto quello verde, è la bevanda più consumata in Giappone. La Birra è molto popolare, grandi produttori sono presenti sul territorio: Asahi, Sapporo e Otaru. Il Vino, viene prodotto nella regione di Yamanashi (vitigni Koshu, Delaware, Syrah, Merlot e Cabernet), nell’Isola di Hokkaido si producono invece buoni Kermer e Riesling, grazie a un clima più rigido, vini con poca mineralità. Il Shochu, invece è il Sake distillato, non solo prodotto dal riso, ma anche da orzo, grano e patate, originario dell’Isola di Kyushu, Awamori è la versione di Okinawa. Whisky e Cognac sono distillati occidentali, molto conosciuti in Giappone; dopo gli Stati Uniti, il Giappone è il secondo produttore al mondo, la prima distilleria risale al 1923, viene importato orzo maltato per ottenere la nota fumosa, sullo stile dei distillati scozzesi.

La storia del Sake va di pari passo con quella del riso, la cui coltivazione fu introdotta in Giappone nel III° Secolo A.C. dalla Cina. Con la vittoria dei Soga, fautori del Buddhismo, tra il 550 e il 700, il Sake venne molto prodotto e conosciuto. Il periodo Asuka, finisce nel 710, con lo spostamento della capitale a Nara, inizia in questi anni l’uniformità della produzione del Sake, selezionando le migliori tipologie di riso. Dal 794 al 1185, periodo Heian, la capitale si sposta a Kyoto, si ottiene una diffusione della bevanda, al di fuori dei Monasteri, anche in ambienti popolari e borghesi.
Gli ingredienti per la produzione del Sake sono: Sakamai, qualità di riso, con un grande chicco, poche proteine e una componente amidacea, acqua purissima, povera di sali minerali, leggera e poco dura, lievito selezionato e acido lattico. I migliori Sake si ottengono da riso con molto amido, sono una decina le qualità, Yamadanishiki è il più famoso utilizzato oggi. In genere viene eseguita una brillatura per ottenere un chicco bianco e lucido. Preparare il Kouji è un po’ come maltare l’orzo per la produzione della Birra, l’amido trasforma le molecole dello zucchero, l’aggiunta di lievito trasforma il mosto in alcol. Il controllo della temperatura, in questi procedimenti è fondamentale, il prodotto si deve raffreddare e poi riposare per qualche ora in acqua, per assorbire l’umidità che lo terrà integro. Si utilizzano grandi recipienti per far scaturire la fermentazione multipla parallela (saccarificazione e fermentazione avvengono parallelamente) fase che dura dalle due alle sei settimane. Poi si esegue una pressatura e una filtrazione, ottenendo un liquido privo di parti solide. Per i Sake “fortificati” si aggiunge in questo momento alcol. Ultima operazione è la pastorizzazione, per inibire gli elementi vivi e per rallentare l’ossidazione del prodotto ottenuto.
Toji, è l’equivalente del Mastro Birraio, in Giappone molto considerato, lavora tutto l’anno in impianti grandi e moderni, solo nei mesi più freddi in quelli più piccoli e vecchi.
Lo stoccaggio e la conseguente maturazione del prodotto, dura pochi mesi, la messa in commercio è il periodo ottimale nel quale degustare il Sake, bevanda che ha tra i 14 e 20% di alcol. Viene scaldato a una temperatura di circa 35°C, prima di essere servito. La temperatura di conservazione della bottiglia di Sake deve essere intorno ai 15°C in ambiente buio. Il Sake Barrel è conservato e commercializzato in piccoli barili, chiamati Taru, da 1800 CC, Kagami Biraki è la cerimonia, nella quale viene aperta la botticella. Il Sake è uno stile di vita, viene servito in piccoli contenitori di porcellana. Alcuni studi medici hanno evidenziato alcuni effetti positivi sulla diminuzione del colesterolo, sulla memoria e sulla pressione sanguigna, ovviamente sempre con un consumo moderato. Il gusto delicato si sposa sempre elegantemente con i piatti della cucina giapponese, ma anche con alcuni nostri piatti di pesce e molluschi.
Le varietà di Sake sono: Janmai Shu, prodotto da riso puro, Honjozo Shu, con l’aggiunta di alcol distillato, Ginjou Shu, ottenuto da riso molto lucidato, Daiginjou Shu, prodotto con riso lucidato al 50%, Nama Zake, non pastorizzato, da conservare in frigorifero, con note torbide e velate.
Il Sake si divide in Amakuchi, amabile e Karakuchi, secco, nella Prefettura di Nara, si producono Sake “maschili” mentre a Kyoto “femminili”. Nella Regione di Niigata si ha il maggior consumo, si arriva a 25 litri pro capite l’anno.
Dalle 10.000 aziende produttrici del 1926, oggi siamo a 1500, è diminuita la quantità prodotta ma è migliorata la qualità, attualmente esiste un grande interesse per l’esportazione del prodotto finito.

L’Azienda Gekkeikan (Corona di Alloro), presente in Sala con i suoi rappresentanti, è stata fondata nel 1637 a Fushimi, è giunta ora alla quattordicesima generazione, ha stabilimenti in Giappone e negli Stati Uniti, dal 1989.

Passiamo alla degustazione di quattro Sake:

Gekkeikan Traditional, ottenuto da riso californiano, affina circa sei mesi prima del commercio, riso puro, senza aggiunta di alcol, 15% di titolo alcolometrico volumico. Visivamente è limpido e cristallino, al naso abbiamo note fruttate di mela e ananas, fior di ciliegio, amido e menta. In bocca è caldo, morbido, elegante, buon corpo, non molto lungo, pulito, un finale confettato.

Yatagarasu Junmai Taru Zake, produttore Kitaoka Honten (Nara), visivamente è più velato, affinato in botti di cedro, al naso ci avviciniamo al sentore del nespolo, note terziarie di fieno, vaniglia e cannella. In bocca è abboccato, caldo, morbido e fresco, con una vena sapida che da emozioni. Bella intensità, maggiori profumi del precedente.

Konizakari Nigori, produttore Nakano Shuzo (Aichi), non filtrato, colore affascinante, latte di mandorla, note di amido e miele, anice, prodotto solo con riso, no alcol, 14% di titolo alcolometrico volumico. In bocca sembra un rosolio, avvolgete ed elegante.

Junmai Daiginjo, produttore Kyo No Sui (Kyoto), 14% di titolo alcolometrico volumico, colore bianco trasparente, Sake filtrato, note di erbe, spezie e frutta, farina di castagna e amido, papavero giallo, vaniglia e confetto. In bocca è morbido, elegante, armonico, lascia la bocca pulita, ricorda il primo Sake degustato ma con più corpo.

Oltre ai quattro Sake ci viene servita, una sorpresa, un Liquore di Prugna, Umeshu, 10% di titolo alcolometrico volumico, preparato anche nelle case private nel mese di maggio, la preparazione ricorda il nostro Nocino. Ottenuto dall’infusione di prugne in zucchero e alcol, quello in degustazione è però un infuso di prugne con vino Chardonnay californiano. Colore ambrato, quasi di vino da meditazione, limpido e cristallino, al naso sentori di prugna, liquirizia, tamarindo, molto invitante. Dolce al punto giusto, pulito, da degustare freddo, con ghiaccio, sour, tonic, soda e Tè verde.

In abbinamento a questi cinque prodotti è stato servito un piatto di Sushi con Uramaki e Nighiri preparato dal ristorante J's Hiro di Milano.


Si conclude la serata, con i saluti e i ringraziamenti al Console Giapponese, ai produttori di Sake e alle quattro colleghe sommelier originarie di questo orgoglioso paese.

Ciao
GB

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