Foradori

Una serata di poesia della terra: Elisabetta Foradori ci ha raccontato l’amore per i suoi vini e per il Trentino, la montagna come punto di riferimento e di forza. Il suo è un luogo incastonato nella roccia che la porta alla ricerca del sapore quale massima espressione del territorio.
Elisabetta Foradori produce vino da trent'anni. Ha iniziato nell’azienda di famiglia, una realtà che non era solo vitivinicola ma viveva anche di tante altre cose; il padre l’ha lasciata quando aveva solo undici anni ma, i ricordi dell’uomo che lavorava la terra e produceva vino l’accompagnano ancora oggi.
Spinta da tutto ciò, Elisabetta intraprende la scuola di enologia a San Michele all’Adige e alla fine degli anni Ottanta inizia la sua vita in azienda; in un periodo in cui la tradizione stava lasciando spazio ai vigneti internazionali e a colture più spinte, si è ritrovata con vigne di teroldego e incrocio Manzoni, dalle quali si ottenevano vini commercializzati sfusi solo per un mercato locale.

Con tanto coraggio non si allontanò dalla tradizione territoriale, recuperando vecchi cloni e reimpiantando le vigne, eseguendo vinificazioni con lieviti spontanei e utilizzando i grandi legni per l’affinamento. Nasce in questi anni il Granato, un vino con una grande anima da accompagnare per mano, un vino che ha fatto conoscere il teroldego a tutta l’Italia. Verso la fine degli anni Novanta, Foradori diventa così un’azienda affermata, di grande successo, ma  tutto questo non soddisfa Elisabetta, che decide di ritornare da dove era partita, abbracciando la filosofia biodinamica di Rudolf Steiner: azioni e reazioni che l’hanno riportata la donna che era, una via che l’ha ricollegata alla sua Terra, facendo nascere un frutto che porta un messaggio chiaro.

Elisabetta Foradori ci confessa che sono stati anni difficili, nei quali ha dovuto attendere che le viti si svuotassero di tutta la chimica assorbita, quando la vite era molto delicata, ed ha imparato poco a poco a capirla, senza reagire con forza ma assecondando ogni azione della natura. I primi risultati in cantina sono arrivati dopo circa otto anni: arriviamo al Duemila, anni nei quali Elisabetta ha dovuto imparare ad osservare ancor di più la terra e le piante, attuando una serie di atti agricoli che hanno portato equilibrio. A conclusione di questo percorso è arrivata l’introduzione in cantina dell’argilla, cioè di anfore spagnole chiamate tinaja, usate nel 2008, dapprima solo per la nosiola (varietà trentina che non era presente in azienda fin dall'inizio), poi anche per altri prodotti. Questo tipo di vinificazione, suggerito da Giusto Occhipinti, zio di Arianna, ha dato un grande aiuto. L’argilla va riscoperta, visto che se ne è perso sia l’uso sia la capacità di capirla e di sceglierla; viene definita una moltiplicatrice di energia, una trasformatrice di vita, uno strumento di libertà, con tempi molto rapidi. Il legno è amico del vino da sempre ma necessita di un percorso lungo.

Otto sono stati i vini proposti in degustazione, i primi due bianchi:


Fontanasanta Manzoni Bianco 2012
riesling e pinot bianco hanno dato origine a questo vitigno, diffuso anche a Conegliano, nella zona del prosecco. Basse produzioni con una fermentazione di dodici giorni sulle bucce in contenitori di cemento, senza controllo delle temperature, poi botti di acacia per circa un anno. Un vino che nasce con le proprie forze, un vino che ha bisogno di aria e di tempo. Si presenta nel bevante con un colore giallo dorato vivace, un naso esuberante con note fruttate di pesca e frutta esotica, sentori floreali di rosa, zafferano e cuccuma, un vino ampio ed intenso. Una parte acida tenuta in evidenza da una componente tattile e salina. Frutta e spezie per una lunga chiusura.

Fontanasanta Nosiola 2012
antica varietà che ha dei grossi problemi, legati a quanto l’uomo le ha fatto storpiandola con cloni produttivi. Le vecchie vigne danno grappoli spargoli con una buccia solida che permette l’appassimento, da cui si produce il Vino Santo del Trentino. Vitigno con un’anima nella buccia e una bellezza nascosta nella polpa. Il vino in degustazione, vinificato sette mesi sulle bucce in anfora, è in bottiglia solo dallo scorso settembre e rimarrà in cantina ancora un anno. Colore cristallino, sentori di nocciola fresca e mandorla, frutta bianca e agrumi dolci, come il mandarino e ricchissimi sentori di erbe aromatiche. Un vino sobrio e raccolto, caratteristiche tipiche dei vini che riposano in anfora durante l’inverno, delicati e molto sensibili. In bocca è fresco e morbido, con una piacevole dolcezza, delizioso nella sua delicatezza.

Sgarzon 2012
vino fatto in anfora con apporto della dolomite; le piante crescono su terreno assai compositi, varie particelle vitate si trovano nel Campo Rotaliano, con prevalenza di sabbia che dà leggerezza e movimento. Annata semplice e diretta, fermentazioni veloci e immediate; il vino sarà in vendita il prossimo settembre. Molto giovane con un’impronta longilinea, notevole finezza, fruttato molto nitido ed affatto banale: ciliegia e mora, melograno e note floreali. In bocca la componente tannica è presente, struttura persistente, un teroldego allo stato puro con sapore di roccia.

Sgarzon 2011
annata precoce, un mese di anticipo sulla raccolta, un vino complicato che ha molto da raccontare. Vino intrigante con note di visciola e melograno, componente floreale molto presente: erbe aromatiche e melissa. In bocca grande presenza tannica, con note di cacao e liquirizia.

Morei 2012
vino prodotto da uve coltivate in diversi luoghi, tra cui il centro valle, dove il terreno è alluvionale con prevalenza di sassi. Si presenta con un colore rubino di notevole consistenza, un naso particolare con un fruttato più scuro: sentori di mora, rovo e ciliegia nera. Piacevole nota di menta fresca, viola e rosa. In bocca è molto promettente con una piacevolissima freschezza, componente tannica importante ed asciugante, un vino quasi pietroso.

Morei 2011
vino di maggiore complessità e finezza rispetto al precedente, infinita componente floreale, la frutta è molto fine, verso la fragola di bosco. Questo è il risultato dei vini in anfora di Elisabetta Foradori, vini nei quali il bouquet floreale è corposo e ha soppiantato i sentori della frutta, molto più presenti nei vini con passaggi in legno. Al naso iniziano le note speziate di pepe bianco e rosa. In bocca abbiamo un tannino fine e patinoso con note di cacao. Un vino giovane e molto promettente. Cioccolato fondente come lungo finale. Un vino di montagna che colpisce al primo impatto, figlio di un’annata affascinante.

Foradori 2012
gli ultimi due vini fanno legno; il primo è ottenuto da dieci diversi vitigni con fermentazioni dolci, in vasche d’acciaio aperte ed una progressiva introduzione del cemento. Note scure e dolci: i sentori dei fiori sono meno presenti. Sensazioni scure accompagnate da incenso e legni bruciati. Un vino lento ad esprimersi, in bocca la frutta è di ribes nero con una mineralità di ardesia.

Granato 2010
vinificato come il precedente ma con sei mesi in più in legno, ottenuto con le vigne più vecchie dell’azienda Foradori, coltivate su terreni alluvionali, ghiaiosi e ciottolosi. Fermentazione in grandi tini aperti. Vino armonioso e molto chiuso; la componente floreale deve ancora emergere, sentori di erbe aromatiche e di violetta. In bocca il tannino è ben presente, una grande potenzialità accompagnata da una piacevole mineralità.

Foradori è oggi un’azienda in cammino verso la conoscenza e la consapevolezza dei cicli naturali, una filosofia da scoprire e da andare a visitare. Elisabetta ha affrontato un rischio produttivo, che ha supportato con un cuore immenso che l’ha portata a distinguersi nella schiera dei produttori vinicoli della zona e di tutta l’Italia (e non solo).


Articolo pubblicato anche sul sito AIS Delegazione di Milano

Articolo pubblicato anche sul sito AIS Regione Lombardia

Ciao
GB

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