Champagne: la dimensione artigianale

Il cuore pulsante della Champagne


La Dimensione Artigianale è il filo conduttore di due eventi (il secondo dei quali si è svolto il 5 febbraio 2014) condotti da Samuel Cogliati, grande amante di questi vini e della loro zona di produzione. Verranno dunque escluse le grandi Maison, eredi della tradizione aristocratica e borghese del centro Europa; conosceremo questo nobile prodotto in una maniera diversa dal solito, analizzando cioè il cuore più profondo e più autentico della Champagne, composto da 15 mila viticoltori, proprietari del 90% dei vigneti, che hanno bisogno di vendere l’uva. 

Il viaggio che ci propone Samuel esula dalle "classiche" serate a tema champagne: in questi due incontri si va alla ricerca dell'eccezionalità come punto di partenza, da un punto di vista sia tecnico che pratico, poiché in Champagne tutto è eccezionale, anche grazie alla ricchezza e alla complessità del panorama.

Luogo comune è che solo le grandi Maison possano fare grandi champagne, soprattutto grazie alle forniture di uve provenenti da varie zone e alla possibilità economica di tenere in cantina diverse annate e diverse cuvée. Negli ultimi anni invece alcuni piccoli produttori, definiti contadini-artigiani, hanno dimostrato che lo champagne può esprimere ad alto livello la specificità di una piccola zona, proprio come qualsiasi altro vino. L’interesse verso questi champagne artigianali è in forte crescita e sta ovviamente generando business; bisogna però guardarsi dal pericolo che prodotti mediocri seguano questa nuova tendenza, composta principalmente da centinaia di récoltant manipulant (sigla RM in etichetta). Le grandi Maison hanno recepito questo cambiamento del mercato e hanno spostato il loro mirino verso il settore del lusso e dei mercati emergenti.
Il 25 maggio del 1728, Luigi XV emanò un decreto del Consiglio di Stato, autorizzando il commercio dei vini all’interno del Regno di Francia in bottiglie di vetro. Sebbene la motivazione fosse puramente fiscale e prosaica, si creò così un grande fermento commerciale a Parigi, dove tutti erano rapiti da questo vino frizzante. Nel 1790 nascono e si perfezionano il remuage e il dégorgement, metodologie che eliminano i depositi dei lieviti nelle bottiglie. Nel 1830 si mette a punto il liqueur d’expédition e un anno dopo fa il suo ingresso nel mondo della vinificazione dello champagne il réduction François, ovvero l'insieme di calcoli tecnici che un farmacista fece per stabilire quanto zucchero occorresse aggiungere al vino per controllarne la spumantizzazione, ottenendo così il liqueur de tirage. L’800 dunque è il secolo nel quale nasce lo champagne moderno.
Oggi, in Champagne, abbiamo circa 33.500 ettari coltivati e si commerciano 313 milioni di bottiglie l’anno. I vignerons e le cooperative hanno poco più del 30% della produzione, mentre la restante è nelle mani delle grandi Maison. Da tenere in considerazione è il prezzo medio al chilo dell’uva: si aggira intorno ai 5,65 €, una cifra che impatta molto sul prezzo del prodotto finale; ne conseguono delle rese per ettaro alte, con potature che devono essere obbligatoriamente manuali e con vitigni specifici e identificati. Un’alta acidità è la caratteristica delle uve nello champagne, la pressatura tradizionalmente è verticale, con lo schiacciamento dei mosti. La base della logica di produzione standard è l’assemblaggio o cuvée di diverse tipologie di uva di diverse annate. I piccoli produttori artigianali vogliono essere eccezionali nell'eccezionalità della produzione di questo vino, unico al mondo.


I vini in degustazione questa sera, ovviamente alla cieca, ci vengono proposti due a due, per un migliore confronto:

Brut blanc de blancs – Prestige – Diebolt Vallois
Cote de Blancs per un 100% chardonnay; naso orientato sulla frutta, semplice ed elegante, note di salvia e un lieve tocco etereo. Sentori di idrocarburi in un secondo passaggio. In bocca l’acidità arriva successivamente, un tocco amaro superficiale e una dolcezza appena accennata. Poca sapidità e un finale corto.

Extra brut – Cuvée n.736 – Jacquesson
chardonnay 53%, pinot noir 29% e pinot meunier 18%. Impatto mediterraneo e solare. Frutta in confettura con note carnose, quasi brodo di gallina. Un naso generoso e ampio: sentori marini accompagnati del pesce, un naso stabile con sfumature di ruggine. In bocca l’amaro è precoce ma aggraziato, grande eleganza con una materia che porta verso l’alto. Compattezza e solidità.

Brut reserve – Bereche et Fils
chardonnay 35%, pinot noir 30% e pinot meunier 35%. Colore che vira verso il rosato leggero, al naso è quasi resinoso, con un fondo di erbe amare e un tocco di smalto. Frutta in generale: banana e biscotti sbriciolati. In bocca inizia e finisce con la dolcezza, in mezzo una trama di acidità e salinità.

Brut nature – Grand cru Benoit Lahaye
pinot noir 90%  e chardonnay 10%. Stesso colore del precedente; al naso inizia con la lavanda, cuoio e pellame, frutta piccola rossa in bacche. Diretto e lieve, note dolci di crostacei. Molto selvaggio, acido e salato. Limone verde dinamico e raffinato.

Brut nature – Rosé zero Tarlant
chardonnay 85% e pinot noir 15%. Uno champagne rosé, quasi un ripensamento dell’ultimo momento verso questa tipologia. Colore che si avvicina al ramato, naso sulfureo con una leggera tostatura evinosità tenace, quasi sanguigna. In bocca è crudo, senza tannino, un vino non pronto che invita alla beva, grazie alla sua grinta irruente.

Extra brut – Premier Cru – Le Mont Benoit – Emmanuel Brochet
pinot noir 25%, pinot meunier 40% e chardonnay 35%. Al naso pasticceria e noce di cocco, una pineta sul mare, iodio trasportato dal vento. Sentori di cenere da camino spento. In bocca è raffinato e potente, si percepiscono solidità e mineralità. Una classe cristallina per uno champagne di terra.

Il cuore pulsante dello champagne, sei vini prodotti nella parte storica e centrale di questa regione vitivinicola che ci regala sempre un mare di emozioni, anche grazie al bravissimo Samuel.

Ciao
GB

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