Israele da scoprire

Una serata improntata sulla curiosità verso i vini di Israele, paese che si è affacciato da poco al mondo vitivinicolo mondiale, territorio caldo con alture che arrivano ai mille metri, molte tipologie di terreno, dal mare alla montagna, dal deserto alle terre rosse, testimonianza di un passato vulcanico.

In Israele la coltivazione della vite risale circa a 5000 anni a.C., la Torah narra che Noè, dopo la salvezza dal diluvio universale, piantò dei vigneti e preparò del vino, un basso rilievo del 2700 a.C., custodito a Londra nel British Museum, raffigura un esercito con sfondo delle viti colme di grappoli. Ci sono testimonianze scritte, che nel 1000 a.C. in Galilea, erano presenti molte cantine che producevano vino. La storia moderna della viticoltura in Israele inizia nel 1882 con il Barone Edmond de Rothschild, che fonda l’azienda Carmel, la prima di Israele, nel 1983 nasce la Golan Heights Winery, negli anni novanta abbiamo un’esplosione della viticoltura, con la nascita di molte piccole aziende, come Margalit, Castel e Flam, e medie come Recanati. Oggi abbiamo circa trentacinque realtà commerciali e duecento micro aziende.

In Israele la viticoltura è un mondo a se, le aziende spesso hanno la loro sede in zone industriali, con climi caldi e umidi, mentre le vigne sono in collina, con climi più freschi e asciutti. In generale il clima della nazione è mediterraneo, senza piogge estive e con inverni corti e umidi, non esistono problemi di maturazione dell’uva e non sono necessari particolari trattamenti chimici nei vigneti. Il totale degli ettari vitati si aggira intorno ai quattromila, molte sono le varietà di viti coltivate, quasi inesistenti i così detti vitigni autoctoni, a causa dell’estirpazione della vite avvenuta durante il periodo di dominio islamico, forte la presenza di vitigni internazionali, ma troviamo anche la Barbera, il Sangiovese e il Nebbiolo.

Golan, alta Galilea e Gerusalemme, sono le zone vitivinicole più vocate, anche grazie alle loro alture, Samaria è la regione vinicola più estesa. In genere le vigne più vecchie hanno circa trent’anni, prima, per problemi di guerre, la viticoltura era confinata nelle zone vicino al mare, dove i terreni ricchi davano grandi produzioni a discapito della qualità, ora la ricerca dell’eccellenza è la forza della viticoltura di Israele, un paese che deve lavorare verso l’esportazione dei suoi prodotti, dandogli un’identità riconoscitiva. Lo stile dei vini di Israele non è ben definito, molto è impresso dall’enologo, che molto spesso ha lavorato o proviene dall’Europa o dal Nuovo Mondo. Attualmente la gran parte della produzione è destinata al popolo ebraico della Francia e degli Stati Uniti, la mira è quella di vedere le bottiglie di vino israeliano nelle enoteche di tutto il mondo, con un loro spazio definito, magari vicino a quello libanese o di Cipro.

A spiegarci tutto questo, abbiamo avuto in sala Ido Lewinsohn, che dopo gli studi in viticoltura ed enologia all'Università di Milano, ha svolto il tirocinio presso la tenuta San Guido. Ha lavorato in Israele, a Costieres de Nimes nella Valle del Rodano, a Pic St. Loup in Languedoc e in Tasmania. Ora è enologo presso l'azienda Recanati e guida la sua piccola azienda familiare, Lewinsohn. Tiene corsi di enologia e di degustazione in Israele, e frequenta il Master of Wine a Londra.

Passiamo alla degustazione di otto vini:


Tzora Vineyards, Neve Ilan blanc 2010
Chardonnay. Neve Ilan e' il nome del villaggio, dove si trova la vigna, nella zona di Gerusalemme. Fermentazione e affinamento sur lies in barrique francesi con batonnage per 9 mesi circa, il vino non fa la malolattica e ha 14% di titolo alcolometrico volumico. Vino grasso e tropicale, al naso. Cremoso con sentori non cotti. Vino Kosher.

Lewinsohn, Garage de Papa Blanc 2010
Chardonnay in purezza, da una vigna a 800 mt. slm. nell’alta Galilea. Fermentato ed elevato in barriques francesi per 8 mesi, senza fermentazione malolattica. Vino che rappresenta poco Israele, carattere caldo, freschezza e mineralità, sono le sue caratteristiche. Un naso che ci porta verso gli Chardonnay europei e non verso quelli del Nuovo Mondo. Vino non Kosher.

Spieghiamo cosa vuol dire vino Kosher: vino prodotto in Israele seguendo la Kasherut, cioè le regole di alimentazione della religione ebraica. Il termine Kosher significa adatto, idoneo. Un cibo si definisce kasher quando è adatto ad essere consumato ed è stato preparato secondo le norme alimentari ebraiche. Tre sono le grandi regole di coltivazione della vite:

Orlah, nei primi tre anni è proibito raccogliere i grappoli.
Shmitah, ogni sette anni la vite deve essere lasciata a riposo ed è proibito raccoglierne i frutti.
Kilai Hakerem, non si possono avere colture miste, tra i filari non si può coltivare altro.

Tutte le operazioni che avvengono nella fase di vinificazione, devono essere fatte da ebrei praticanti, prima della vendemmia tutti i macchinari vengono controllati e puliti, vi è un incaricato, chiamato Mashghiach, che si occupa di dare inizio a tutti i procedimenti di vinificazione, stando attento che nessun alimento o procedura non Kosher venga fatta. Le fasi di vinificazione sono quelle classiche. Una bottiglia di vino Kosher presenta tre sigilli di garanzia, uno sul tappo, uno sulla capsula e uno sull’etichetta, dove è presente anche il marchio di chi ha seguito il processo di Kasherut. Il vino Kosher viene definito Mevushal, quando viene pastorizzato, dopo questo procedimento, anche se viene manipolato da persone non osservanti del sabato di riposo, mantiene l’idoneità ad essere usato per le benedizioni. In linea di massima tutte le aziende medio grandi di Israele, producono vino Kosher, per avere anche più spazio nel marcato interno ed ebraico all’estero.

Recanati Rosé 2011
80% Barbera, 20% Merlot. Da una vigna nell’alta Galilea, a 800 mt. slm. Famiglia di origine italiana, non si fa uso di barrique, basso PH ed alta acidità data dal Barbera, mentre il Merlot da freschezza ed è usato per il salasso. Vino fresco, adatto per il cibo asiatico e come aperitivo.

Flam Winery, Cabernet Sauvignon Reserve 2008
Cabernet dell’alta Galilea al confine con il Libano. Affinamento di un anno e mezzo in barrique francesi. Carattere verde e speziato, dato dalla rapida maturazione delle uve. Abbiamo una certa somiglianza con i vini della bassa Australia.

Margalit Winery, Enigma 2008
Cabernet Sauvignon e Merlot dell’alta Galilea, con Cabernet Franc dalla zona costiera, più bassa e calda. 12 mesi in barriques americane e francesi. Viti non irrigate da circa dieci anni, lo stress idrico porta la vite ad andare in profondità con le radici, avvantaggiandosi di estratti minerali. Nessuna acidità aggiunta. Il vino è piacevole sia al naso che in bocca. Il prodotto più costoso presentato questa sera.

I vini israeliani hanno una fascia di prezzo, in enoteca, che varia dai 20 ai 50 Euro. Non esistono vini di bassa fascia e vini invecchiati con grandi prezzi.

Chateau Golan, Syrah 2009
Syrah in purezza dall’alta pianura di Golan, coltivato a circa 450 mt. slm. in terre di origine vulcanica, sopra il Lago di Tiberiade, vicino alla Siria. Azienda che produce circa ottantamila bottiglie l’anno. Vino caldo e secco, al naso sono netti i sentori di frutta matura e confettura. Un vino che rappresenta l’attualità della viticoltura in Israele.

Recanati, Syrah-Viognier Reserve 2010
97% Syrah, 3% Viognier dalla stessa vigna, nell’alta Galilea a 750 mt. slm. Affinamento di 9 mesi in barriques nuove. Nessuna filtrazione, vino elegante e complesso.

Lewinsohn, Garage de Papa Rouge 2009
Carignan, Syrah e Petite Syrah, fermentazione in vasche piccole e aperte, con frequenti follature eseguite a mano. Passaggio di 12 mesi in barriques francesi. Non filtrato. Vino speziato, rustico, con sentori animali, ottima concentrazione cromatica. La lavorazione di questo vino avviene a casa di Ido Lewinsohn, da qui il nome in etichetta.

L’evento si è reso possibile grazie anche alla collaborazione dell'importatore Bluma Srl.

Il vino israeliano è più da meditazione che da abbinamento con il cibo locale, la maggior parte della produzione è rivolta verso il vino rosso, che non sempre si abbina alla cucina di un paese caldo. La sfida che ci portiamo a casa è quella di approfondire la conoscenza di questi vini e magari di provare abbinamenti con piatti italiani e perché no francesi.

Un bel gemellaggio è nato grazie all’amore per il vino che ci ha legato a questo popolo e alle sue tradizioni.

Ciao
GB

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